Maurilio Barozzi
Giro 2008: Marmolada, il ranocchio è re
26 maggio 2008 - L’Adige
PASSO FEDAIA – Da ranocchio a re. Emanuele Sella ieri sulla Marmolada si è ripetuto a distanza di ventiquattro ore dalla sua impresa di Pampeago. E se la classifica tiene ancora in vita quasi tutti i protagonisti, dimostrando che, tranne Paolo Savoldelli e Andreas Kloden, nessuno può essere considerato fuori dai giochi. Dall’altra ha chiarito che in questo momento, quando il ranocchio Emanuele Sella viene baciato dalla principessa salita, diventa re. Punto.
L’azione di ieri, sui cinque passi del tappone dolomitico che portava i ciclisti da Arabba in val Cordevole (Belluno), ai piedi del Pordoi, fino al passo Fedaia, sulla Marmolada, non è stata eroica come quella consumatasi sull’Alpe di Pampeago, ma è maturata mano a mano, nel corso dei chilometri.
Infatti. Quando Sella ha allungato già sul Pordoi, due chilometri dopo la partenza, tutti pensavano che mettesse in atto la tattica che aveva già reso manifesta nei giorni precedenti: cercare di transitare davanti a tutti in alcuni dei cinque gran premi della montagna in programma (Pordoi, San Pellegrino, San Tommaso Agordino, Giau e Falzarego) per rafforzare il suo vantaggio sui diretti interessati alla maglia verde. «A dire la verità speravo che all’inizio si potesse andare piano – racconta -. Purtroppo Rodriguez ha attaccato subito, così l’ho seguito e ho preso i dieci punti del Pordoi. Così mi sono detto: perché non insistere? Ed ho cercato di conquistare un passo alla volta». Le cose, nella semplicità delle parole, sono andate proprio così: sul Pordoi primo assieme a José Rujano, sul San Pellegrino primo con un gruppetto di otto corridori, sul San Tommaso primo assieme a Fortunato Baliani e altri sette corridori e il gruppo a 2’10”, sul Giau primo assieme a Baliani e Oliver Joaquin Rodriguez così come sul Falzarego con il gruppetto dei migliori sempre dietro un paio di minuti. Detta così sembra semplice, appunto. Ma quei passi sono durissimi. Sono salite con pendenze micidiali che non lasciano spazio a nessun cedimento, nessuna emozione, nessun temporeggiamento. La strada sale a sei, sette, spesso dieci per cento per chilometri e chilometri. Lui, Sella, si sente bene. Ha cambiato il suo metodo di allenamento – racconta – ed ora cerca l’agilità sui pedali, anziché il rapporto duro. E ci credo, con qui suoi cinquanta chili di ossa, muscoli e denti. Sta di fatto che la bici va su, imperterrita. E il gruppo dei più blasonati campioni dietro. A seguire? A controllare? Ad arrancare? Mah... Quel che è sicuro è che quando a Caprile, nel cuore delle Dolomiti, la strada s’impenna per l’ultima volta, con destinazione Fedaia, lui capisce che è il momento di tagliare la corda. Usa solo quattro chilometri per mettere 50” tra lui e i suoi ex compagni di ventura. In un folgorante attimo di vita ciclistica transitata nella severa forra che tra abeti e roccia porta alla Marmolada, quello scatto disvela la sua vera natura: un’azione ben camuffata che mira al successo finale.
Gli ultimi cinque chilometri di gara, sotto una pioggia battente, hanno poi fatto il resto, rafforzando la già ben nota consapevolezza che la salita non mente. Su quelle ultime erte Sella ha tenuto duro, pedalando con tutta la forza che gli restava in corpo sull’onda dell’entusiasmo che i tifosi e l’ammiraglia del suo mentore Bruno Reverberi gli trasmettevano. A un chilometro dalla vetta, la sua bici comincia ad accusare cedimenti di traiettoria. Non sale più diritta e scorrevole ma cerca degli impercettibili zigzag che fanno sembrare meno diaboliche le pendenze. Lui non cede. Anzi, va su e conserva fino al traguardo quei due minuti che si è sempre tenuto come patrimonio-margine nei confronti dei rivali. Sul traguardo fradicio della Marmolada scintillano ancora, solitari, i suoi denti, col deja vu di uno scaramantico bacio all’anello.
Dietro si corre ancora, altroché. Domenico Pozzovivo, laureando in economia aziendale, arriva secondo e paragonerà lo sforzo di queste due ultime tappe a una tesi di laurea. Lo spagnolo Contador, a sei chilometri dalla vetta rompe il raggio della bicicletta e fatica a salire con la ruota che traballa e raschia i tamponi del freno. «Ero indeciso se cambiare la bicicletta o proseguire così – spiegherà -. Ho aperto il freno e sono andato su. È stata una buona decisione perché poi sono arrivato bene ed ho preso la maglia rosa». Su quelle erte assassine, mentre i più attardati del gruppo implorano esplicitamene una spinta ai tifosi onusti di zaini, ombrelli, giacche a vento e berretti, Riccò, Di Luca, Simoni e Menchov si dannano stringendo i denti per rosicchiarsi l’un l’altro qualche secondo. Alla fine Riccò riesce nell’impresa ma la maglia rosa – disperso il possessore Gabriele Bosisio lungo le viscide vie della tappa – finisce indosso a Contador. Lasciando però che la classifica generale canti le gesta di una battaglia aperta fino all’ultimo con almeno sei concorrenti ancora in vita. Gibo Simoni, infatti, il sesto, ha un ritardo di 1’26”. «Ma Gibo è uomo da terza settimana. E ci sono ancora diverse salite», promette Gianni Savio, il suo direttore sportivo. Impossibile dargli torto: Gianni sa che l’ottimismo è il profumo della vita.
Maurilio Barozzi
su l’Adige 26 maggio 2008
L’ARTICOLO
Pubblicato sul quotidiano l’Adige con il titolo “Sella si ripete, il ranocchio diventa re” e l’indicazione “dall’inviato Maurilio Barozzi” a pagina 26 del 26 maggio 2008.