Maurilio Barozzi
Marathon a Paulissen
domenica 6 luglio 2008
VILLABASSA (Val Pusteria) – E siccome il bicchiere dobbiamo vederlo mezzo pieno, usiamo le parole del presidente della Federazione ciclistica Renato Di Rocco: «Noi italiani siamo ospitali, ci accontentiamo di aver organizzato bene. E poi lasciamo vincere gli altri. È così che si fa promozione turistica, no?». Vabbé, verrebbe da dire, contento lui... Così, per la cronaca, il simpatico presidente ai mondiali di Mountain bike marathon, ieri ha dovuto premiare la norvegese Gunn-Rita Dahle, prima incontrastata, Sabine Spitz, tedesca, e la finlandese Pia Sunstedt. Questo tra le donne. E tra gli uomini non è andata meglio: dopo un po’ di cagnara, con cadute, ricorsi, polemiche, riconteggi e aggiustamenti di classifica, il verdetto finale ha premiato il belga Roel Paulissen. Secondo il recente trionfatore ai mondiali di cross country, Christoph Sauser, svizzero così come il terzo, Urs Huber. Amen.
Ecco, come sempre a voler essere un po’ sciovinisti – che in Italia pare non faccia male – Paulissen sta con una ragazza italiana e abita da sei anni ad Anterselva. Mah... Comunque.
Tornando alle gare, quella maschile è stata entusiasmante fino all’ultimo metro, e anche dopo. Quella femminile, nemmeno per il piffero. La norvegese Dahle è partita davanti per qualche chilometro con un paio di avversarie, la Spitz e la Sundstedt. Quando però ha accelerato è arrivata anche a sei minuti di vantaggio. Ciao Nina. Poi il margine è calato un po’, ma alla fine la vittoria è stata di quelle che lasciano il tempo di bere il caffè prima di tagliare il traguardo. «È stata una vittoria passo a passo – ha spiegato alla fine – anche se quando mi sono trovata di fronte l’ultima salita mi sono detta: oh my god! Comunque poi ce l’ho fatta». E se si è stupita lei, di quella salita, che era a Villabassa da quindici giorni per provare il percorso...
Sesta è arrivata Elena Gaddoni, decisamente sopra ogni aspettativa, dopo che Annabella Stropparo è “caduta rovinosamente in discesa” per usare i termini di radiocorsa. «Sono contenta – racconta Elena – anche se purtroppo verso metà percorso ho perso la ruota della quarta e della quinta e sono rimasta sola. Era difficile recuperare». Settima un’altra italiana: Anna Ferrari.
Tra i maschi, vale la pena partire dalla fine. Dal testa a testa finale tra il recentissimo campione mondiale di cross country, l’elvetico Christoph Sauser e il belga Roel Paulissen. Dopo che lo svizzero Sauser aveva tentato di tutto per staccarsi di dosso il belga, una pulce indomabile, i due si sono trovati a fronteggiarsi sul rettilineo. Volata. I due si toccano e volano per terra. Cosa sia successo, non è ben chiaro. Sta di fatto che Sauser ha passato il traguardo per primo mentre Paulissen, giunto allo striscione finale a piedi, imprecava. Fischi del pubblico, improperi vari e salomonica decisione della giuria che “retrocedeva” Sauser al secondo posto. Lo svizzero si è limitato a un serafico: «Su strada non sarebbe successo». Poi ha indossato la medaglia d’argento, senza tante storie.
Leonardo Paez, vecchia conoscenza del mtb trentino, che aveva promosso l’azione decisiva fuggendo assieme ai primi due, è crollato nel finale si è fatto recuperare da un altro svizzero, Urs Huber.
Gilberto Simoni e Johnny Cattaneo sono stati i migliori azzurri. Cattaneo ottavo, Simoni dodicesimo. E questo – il risultato piuttosto deludente – ha fatto parecchio incazzare il commissario tecnico, Hubert Pallhuber, che non usa mezze misure: «Sono deluso: non si può scherzare durante tutto l’anno e poi, quando si arriva alle gare che contano, sparire». Lui – già iridato qualche anno fa - credeva in una medaglia. Invece niente. Anche se, a ben guardare, Cattaneo e Simoni hanno corso alla grande fino a metà. Tanto che Gianni Bugno, presente in veste di spettatore e ormai irriconoscibile con un capello fluente, dava il vecchio Gibo come favorito: «Com’è il percorso? Se non ci sono discese tecniche può arrivare in fondo».
Lo pensava anche Gianni Savio, sempre presente ds della Diquigiovanni, il team di Simoni e di Cattaneo, che però alla fine, nonostante il risultato - come è suo costume - non fa drammi: «Si corre per vincere, ma se non si vince non è una tragedia. Certo quella foratura ha penalizzato Gilberto, non per il podio, che lui stesso ammette non essere stato alla sua portata, ma almeno per una posizione ben dentro i primi dieci». Pallhuber dice che chi buca, solitamente, ha sbagliato traiettoria ed evidentemente era stanco. Questione di punti di vista. Savio soprassiede: «Decimo al giro d’Italia; dodicesimo al Mondiale marathon di mountain bike, va bene così».
Molto più laconica la dichiarazione di Simoni, appena tagliato il traguardo, dodicesimo: «Som còt» (sono cotto). Conciso e profondo, come al solito. Serve aggiungere qualcosa?
maurilio barozzi
l’Adige 6 luglio 2008
L’ARTICOLO
Pubblicato sul Quotidiano l’Adige il 6 luglio 2008, a pagina 39 con il titolo “Finale con il giallo. Azzurri deludenti” e l’indicazione “dall’inviato Maurilio Barozzi”