Maurilio Barozzi
Cartoline da Doha 2 - Nella patria di Al Jazeera
sabato 18 dicembre 2010
DOHA (Qatar) - «Mentre lo intervistavo, un bonzo si diede fuoco in diretta. Rimasi indeciso se salvarlo o semplicemente testimoniare con le immagini quel gesto consapevole e estremo. Sono un giornalista, pensai. E lo lasciai fare». La frase (cinica o professionale?) di Peter Arnett è rimasta nella storia soprattutto perché rappresentava un’immagine della Guerra del Golfo e perché il cronista dell’americana Cnn era l’unico giornalista ammesso sul campo di azione a raccontare quella guerra. Era il 1991: molti pensavano che quella potesse rimanere la forma più estrema di giornalismo. E la Cnn un colosso insuperabile. Poi Arnett cadde in disgrazia per una faccenda di soldi sottobanco (eh, l’uomo è sempre uomo, altro che bonzi in fiamme); per la Cnn, viceversa, sopraggiunse una inaspettata novità. Nel 1996 irruppe sulla scena mediatica una concorrente potentissima: Al Jazeera. Tanto potente, economicamente forte e internazionalmente autorevole che nel 2001 a raccontare la caduta dei talebani non c’erano né Arnett né la Cnn, ma Tayssir Alluni, reporter di Al Jazeera. Al Jazeera fu creata dal niente a Doha, nello staterello del Qatar, moderna Lilliput geografica, quasi fosse un capriccio di onnipotenza dallo sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani. Ma, capriccio o meno, è diventata un colosso. Tanto che i responsabili pubblicizzano un sondaggio internazionale di alcuni anni fa che colloca il marchio al quinto posto tra i più noti e influenti al mondo, dopo Apple, Google, Ikea e Starbucks. Niente male per un capriccio, no? Certo, senza i verdoni arrivati da petrolio e gas manco ci si poteva pensare. Però quelli lo sceicco Hamad li aveva e, con un investimento di partenza di 130 milioni di dollari nel 1996 - e un’immissione di liquidità costante di un’altra trentina ogni anno -, è riuscito a realizzare quel capriccio. Che decolla in un batter d’occhio: ospita il primo discorso di Saddam Hussein dopo i bombardamenti americani, la prima (auto)intervista con Osama Bin Laden fino all’Afghanistan. Scoop dopo scoop, la tivù di Doha diventa il punto di riferimento (piuttosto controverso) del mondo arabo. Oggi Al Jazeera ha un canale internazionale anche in inglese, trasmette - oltre che dal piccolissimo Qatar - anche da Londra, dalla Malaysia e dagli Stati Uniti. E si è dotata di un robusto apparato nel campo dello sport. Che, come per tutto il Qatar, diventa una sorta di cavallo di Troia a rovescio con cui aprirsi al mondo. L’altro motivo di vanto per i vertici di Al Jazeera è quello di essere considerati il più indipendente mezzo di comunicazione di tutto l’universo arabo. Certo, i soldoni di partenza e quelli con cui sono foraggiati dallo sceicco Hamad, non depongono troppo a favore di questa tesi, ma a fronte del quotidiano in lingua araba Al-Raya, quantomeno non pare annegare nel culto della personalità della famiglia reale. Sul numero di giovedì, infatti, la prima pagina di Al-Raya era seguita da ben 16 (sedici!) pagine di pubblicità quasi tutte coronate dalle fotografie dello sceicco e il figlio. Prima che a pagina 17, arrivasse finalmente la prima notizia. Ieri, in compenso, Al Raya, come gli altri due quotidiani in lingua inglese del Paese (Gulf Times e Qatar Tribune) dedicavano grande spazio al volley, al «loro» campionato del mondo per club e alla Trentino BetClic volley che - con prestazioni mirabolanti e grazie a un robusto gruppo di tifosi - lo tiene in piedi. Per il colosso Al Jazeera, addirittura un canale dedicato, il secondo. Se qualche italiano ritenesse comunque che con i soldi non si può ottenere tutto, pensi nell’ordine: di guardare prima in casa propria e, casomai, a non venire a far prediche del genere proprio qui. Amnesty International denuncia spesso la violazione del diritto di espressione del Qatar. Chissà cosa accadrebbe a chi si mettesse a sostenere una tesi del genere. Sarebbe come parlare di corda in casa dell’impiccato.
Maurilio Barozzi
L’Adige, 18 dicembre 2010
L’ARTICOLO
Pubblicato a pagina 64 con il titolo “Nella patria mediatica di Al Jazeera”, e l’indicazione “dall’inviato Maurilio Barozzi” sul quotidiano L’Adige del 18 dicembre 2010. Fa parte di una serie di reportage da Doha (Cartoline da Doha) scritti in occasione del Campionato mondiale per club di volley.