Maurilio Barozzi
Notti soldi sesso. 4
domenica 19 gennaio 2003
Strade diritte. Lampioni centellinati. Poche case, quasi nessuna. Un centro commerciale costruito con prefabbricati color beige vomito. Poi le luci e il parcheggio. I locali notturni sono fuori mano. Niente problemi coi vicini, maggior anonimato per chi non vuol essere riconosciuto. Eccomi nei pressi di Mantova, al lap dance bar di un roveretano. Mi accompagnano Dennis Forti, titolare di un´agenzia di cubiste di Trento, e il suo socio, Walter.
Il locale è di un uomo coi baffi fini, curati. Ci viene incontro. Dennis ci presenta. Camicia aperta. Volto da duro. Passione per le auto. Una volta si occupava di metallo. Aveva una fonderia a Rovereto. Poi s´è rotto. Rogne con la Provincia per storie di soldi. Ha mollato tutto.
Dice: «Per due anni non ho fatto un tubo. Poi mi sono stufato e ho deciso di metter su qualche cosa. Mi sono informato. Ho sentito che questi locali vanno bene. Così mi sono imbarcato… Ora vedrai, dentro. Vedrai che merce».
«Dal metallo alle donne. Bel salto» dico.
«Se devo dire un perché: non lo so. Me lo sto chiedendo da anni. All´inizio è stata dura. Non veniva nessuno. Mi davano già per morto. Ma ho tenuto duro. E ora la faccenda va. Ho sempre gente. Stasera non ce ne sono, ma il sabato qui ci vengono anche donne».
* * *
Appena dentro, per decongestionare l´imbarazzo, faccio un po´ l´asino. Chiedo a Dennis: «Dov´è la piscina?».
«Perché?».
«Le ragazze sono tutte in costume…».
«Ma smettila!».
Al banco c´è Stefano. Stefano è trentino. Ha quarant´anni passati. Stefano ha una professione dignitosa. Fa: «Qui se voglio far colpo su una ballerina la invito al mio tavolo e ordino una bottiglia di champagne. Poi faccio il numero dell´oliva: dopo il turno questa viene a casa con me».
Annoto.
«Qual è il numero dell´oliva?».
«Dal bicchiere tolgo l´oliva e giocherellando gliela faccio scivolare nella scollatura e tra le gambe. Poi la riprendo e me la ficco in bocca».
Roba forte. «E funziona sempre?» chiedo.
«A me sempre. Oddio alla fine qualche regalino glielo devi fare ugualmente, ma cosa vuoi che sia...».
Cambiamo prospettiva.
Vado da una ballerina di lap dance. Deve ancora iniziare. Porta i jeans. Sopra una maglia con la bandiera americana. Ha una borsa sportiva a tracolla. «Lavorando tranquilla - dice -, mi porto a casa almeno 5 mila euro al mese».
Non oso chiedere se ci paga sopra le tasse. Invece provo: «Cosa vuol dire lavorando tranquilla?».
«Ballando tre, quattro serate alla settimana» dice lei.
«Alla faccia!» dico io.
«Ma c´è qualcuna che non lavora tranquilla?».
«Qualcuna gioca sporco: noi balliamo e facciamo privé (spogliarelli appartati e privati). Il cliente ci paga da bere e ci offre qualche mancia. Al massimo, se uno si affeziona, ci fa qualche regalino».
«E chi gioca sporco?».
«Quelle durante il privé si fanno toccare. Anche qualcosa di più. Allora i prezzi cambiano. E poi i regali si moltiplicano, basta che chiedano: quelli arrivano e portano loro qualsiasi cosa».
Chiedo a Dennis se ne sia al corrente.
«Qualcuna lo fa, di giocare sporco. Altrimenti non si spiegherebbero le chiusure di certi locali notturni».
«E le tue ragazze?».
«Ma sei matto?».
«No, chiedo».
Dennis ne chiama una della sua agenzia. Alta quasi uno e ottanta, bionda, occhi chiari. Molto, molto carina. Impermeabile in pelle. Mi dice «Piacere», quasi formale. Mi mette una mano sul petto.
«Senti il cuore per capire se mi sono emozionato?».
«No, volevo sentire i tuoi pettorali. Siccome io ho poco seno guardo sempre il petto degli altri».
«Fattelo rifare, no?» le dico.
Dennis ride. «Deve prima trovare qualche chirurgo che si innamora di lei. Così le costa meno».
Ride di nuovo.Lei lo abbraccia. Fa un risolino complice.
«Tu giochi sporco?» le chiedo. Sorrido per mascherare la brutalità della domanda.
«Vaffanculo».
«Ho capito, scusa».
* * *
Nel lap dance ci sono ragazzi di vent´anni. Ci sono anche uomini di settanta anni. Nel lap dance, comunque, questa sera infrasettimanale ci sono solo uomini. Le donne sono le ballerine che danzano alla pertica o si muovono tra i tavoli e al bancone, per fare compagnia ai clienti.
Il locale è scarno. Stile birreria. Tavoloni in legno. Tre sono enormi e rotondi, hanno in mezzo una pertica.
Dennis dice: «Il lap dance è il night dei poveri. Qui dentro con 15 euro entri. Una consumazione sono altri 15 e poi dipende solo dai soldi che vuoi dare alla ragazza. Volendo con 30 euro te la cavi. Al night ne servono 30 solo per entrare e la ragazza beve sempre il cocktail della casa che magari è brodaglia, ma costa un patrimonio. Inoltre se fai un privé in un lap ti costa 50 euro; in un night 100».
Lì dentro, parlare con gli uomini anziani è difficile. Non ne vogliono sapere di chiacchiere e domande. Sono lì per le ballerine. Viceversa, i ragazzi non hanno problemi. C´è anche della goliardia in chi va al lap dance in gruppo. Non è solo desolata solitudine. O disperazione. O noia.
«È la prima volta che veniamo qui. Di solito andiamo al Borgia´s» dice Manuel, rasato a zero, sovrappeso, con un orecchino. «Anche se una volta, con le lire, era più bello».
«Costa di più con l´euro?».
«Non è quello - ghigna Manuel -. Cioè, anche quello, ma la storia è così. La ballerina ti viene a ballare davanti. Ti ficca le mutande a due dita dal naso. Ad ogni banconota che le infili da qualche parte lei continua, senza spostarsi. Noi cambiavamo centomila a testa in monete da mille lire. Sai quanto rimaneva da noi?».
«Centomila per una seratina?».
«Solo per la ballerina» ride.
«Ma che lavoro fai?».
«Idraulico. Vivo con i miei e se voglio mi sputtano tutto fino all´ultimo centesimo».
Beato te. Ora la faccenda è un pelo più cara. Ma non mi sembrano molto preoccupati.
I ragazzi - non hanno più di 23, 24 anni - sono in tre. A un certo punto uno lo perdo di vista.
«Dov´è finito il vostro amico?» chiedo a Manuel. Manuel è l´unico che mi ha dato davvero confidenza.
Loro si guardano. Sono contrariati dalla sparizione. Continuano a nominarlo per cognome.
Ipotizzo un privé.
«Macché. Quando siamo qui con la sua macchina è sempre la stessa storia. Si eccita, dice che è troppo sotto pressione e sparisce in bagno. Poi, quando torna fuori, ci costringerà ad andare tutti a casa perché dice che è stufo» fa Manuel.
Ho capito la faccenda. Evito altre domande.
* * *
Ci sediamo a un tavolo. Arrivano tre ragazze in bikini e si siedono con noi. Ci chiedono se offriamo loro da bere. Ma certo.
Rum liscio: 12 euro l´uno. Pensavo 15. forse ci hanno fatto lo sconto perché ci sono Dennis e Walter.
Una di loro mi si siede a cavalcioni. Si struscia. Ride.
E´ davvero facile avere contatti con le ballerine. Basta pagare.
La ragazza mi chiede se vado con lei nel privé. Le dico che sono lì per lavorare. Lei sbuffa. Sgancio 10 euro. Se li infila negli stivali. Smette di strusciarsi. Si sposta ma accetta di parlare. Prima tentena. Poi molla gli ormeggi.
Si chiama Sonia. Viene da Alicante. E´ imbronciata per via del suo ragazzo.
«Ma, a parte quello, va tutto bene?».
«Sì, tutto bene… Insomma, bene: guarda dove sono».
«Guadagni molto più di me».
Sonia fa spallucce. È sveglia.
Mi racconta di un bastardo che una volta, in Spagna, l´ha aspettata fuori dal locale. Le ha chiesto di fare sesso. Le ha offerto in cambio soldi. Lei ha detto no. Lui l´ha pestata.
«Da allora non vado più a lavorare sola».
Dice di avere un figlio in Spagna. Tra qualche giorno partirà, lo andrà a trovare. Starà con lui un mese. Poi tornerà qui.
«Ricomincerò a fare questo lavoro: ho il bambino da mantenere e non ho studiato, che altro posso fare? Però prenderò anche delle lezioni di Flamenco. Mi piacerebbe fare spettacoli di Flamenco».
Già, Flamenco.
Finito il rum, se ne va.
* * *
Lo spettacolo lap dance dura due canzoni. Una ragazza esce vestita di tutto punto, con un abito lungo, nero. Va ad un tavolo rotondo. Ci sono seduti sei o sette uomini. Uno ha grosso modo 35 anni. Gli altri sono tutti sopra i 50. Abbondantemente. Lei si appende alla pertica. Porta le gambe sopra la testa. Balla con movenze lente, indolenti, anestetizzate agli sguardi. Si spoglia completamente.
La osserviamo nuda. Spariamo vaccate. Uno dice: «Bella manza». Il baffo, il padrone, neanche guarda. Per lui è mobilia.
Viene al tavolo il ragazzo dell´ingresso. Confabula con Dennis ed il suo socio. Escono.
Il ragazzo torna dentro. Confabula con il capo. Escono.
Esco anch´io. La macchina del socio di Dennis ha tutti i vetri frantumati. Fari. Parabrezza. Finestrini. Tutti sfondati.
Per terra i pezzi di vetro sbriciolati. Per terra due mazze di legno. Due robuste gambe di tavolo. Devono aver agito almeno in tre. Hanno dato una quindicina di mazzate in pochi secondi a dieci metri dall´entrata del locale. Qualcuno deve essere stato alla porta per controllare che nessuno uscisse. Poi sono filati via in auto. Un altro deve essere rimasto al volante, pronto a fuggire. Un commando, niente dilettanti o ragazzotti vandali. C´è sotto qualche cosa.Le altre macchine del parcheggio - Mercedes, Porsche, Golf, Renault - sono tutte intatte.
«È un avvertimento. Hai combinato qualche cosa? Ti sei lavorato qualche pollastrella sbagliata?» fa uno dei baristi, uno anziano.
Nell´auto a fianco della Mercedes rotta c´è uno che dorme. Dice di non aver visto nulla. Lo torchiano un po´. Allora dice di aver sentito dei frastuoni. Poi uno gridava: «Via, via». Salivano su una Mercedes nera e fuggivano. «Di là, verso Mantova».
«Quanti erano?» gli chiede il capo.
«Tre. O quattro».
«La Mercedes era tipo vecchio o nuovo?».
«Non ho visto».
«Erano italiani o extracomunitari?».
«Non ho visto».
«Perché non hai avvertito subito, appena fuggiti?».
«Ormai era fatta… Avevo sonno».
La figura dell´idiota lo salva da altre domande. Di certo è stato minacciato. Trema di paura e nessuno se la prende con lui.Walter è spostato di una decina di metri. Riceve telefonate. Fa telefonate.
Quando arriva il carabiniere, Walter gli ripropone la storia: non sa chi possa essere stato.
Il titolare del Lap dance racconta che da quando ha aperto gli hanno bruciato la macchina due volte.
«Perché?».
«Il locale. Probabilmente qualcuno non voleva che mettessi su il locale qui. Tolgo guadagno ad altri».
«Bell´ambientino…» gli dico.
Penso: un po´ di spazzatura gira, a queste ore. Almeno quelli che hanno bruciato due volte la macchina al capo. Almeno quelli che hanno fracassato la macchina di Walter.
Prosegue come se non avessi parlato. «Non mi sono mai scoraggiato. Ho indagato da solo. Ho fatto controlli. Li ho pedinati. Quando sono stato sicuro li ho fatti beccare. Sono finiti in galera».
«Chi erano?».
«Extracomunitari».
«D´accordo, ma per conto di chi agivano?».
«Chi lo sa?» taglia corto.
Attorno all´auto fracassata si forma un capannello di curiosi. Un ciccione sui trent´anni chiede di potersene andare a casa. È con quello che dormiva in auto. Guarda i vetri sbriciolati a terra. Dice: «Siamo venuti qui per vedere un po´ di passerine. Guarda invece cosa mi tocca vedere».
Il carabiniere chiude il suo rapporto e se ne va.
Sono le sei del mattino.
* * *
Me ne torno a casa. Ripenso a questa inchiesta. Alle facce incontrate; a frasi fatte, acritiche; ai dati statistici; ai soldi spesi, a quelli che qualcuno guadagna; all´economia che gira; alla politica che arranca, dietro. Credo che ci sia un che di pantagruelico, in tutto ciò. Che queste dinamiche («grazie», «grazie» ad ogni acquisto - come dice l´orrenda pubblicità) siano figlie naturali di una globalizzazione amebica, dai modelli stereotipi, capace di fagocitare anche la seconda variabile esistenziale dell´uomo – il tempo – dopo che ha già annegato di se stessa l´altra, lo spazio. Difficile non sentirsi fragili, impotenti di fronte a meccanismi ormai così oliati. Fino a poco tempo fa ero convinto che il processo potesse essere utile all´umanità.
Mentre guido mi risuona in testa quella vecchia canzone dei Police: «Bring on the night, I couldn´t spend another hour of daylight». Portami la notte, non potrei trascorrere un´altra ora alla luce del sole. Molto vecchia... La penseranno ancora così, Sting e compagnia?
Eccomi arrivato. Aporetico.
4. FINE
Maurilio Barozzi
L’ARTICOLO
Pubblicato a pagina 31 sul quotidiano l’Adige del 19 gennaio 2003 con il titolo “Lap Dance, nuovo Eldorado”.
E’ il quarto di una serie di quattro reportage che indagavano il mondo della notte nei primi anni Duemila.