Maurilio Barozzi
Notti soldi sesso. Inizio
venerdì 3 gennaio 2003
28 agosto 2002. Nago - Trento. SS 240. Gasoline road bar. Due pompe di benzina all'ingresso. Stile country. Arredi in legno bianchi e rossi. Alle pareti diademi indiani, cappellini da baseball, teste di vacca, selle da cow-boy, stivali. Sul cd: robaccia dance. Dietro al banco sei barman, birre, cocktail, bottiglie che volano. E dappertutto carni accalcate, sudate, struscianti.
Mezzanotte in punto. Il dj mette la canzone Y.M.C.A., dei Village People. Merda anni '70. Salta in piedi sul bancone tutto lo staff, cinque donne e un uomo. Si mettono a ballare. Sotto, sardine in salamoia imitano le coreografie dei baristi, cantano il pezzo. Urlano. Bevono. Una si atteggia a gran fica. Sale sul bancone. Fa le mosse come i barman. Eroe per un'ora, candidata a polvere di stella. Ci sono più di trecento persone. Giovani, meno di 30 anni.
Sussulto diacronico. Rispunta un'immagine quasi sepolta. Ho 20 anni. Esco di casa. E' buio. Mia madre brontola. «Dove vai in giro, la notte? Sta a casa, veh, che a quelle ore ci sono in giro solo sfaccendati e poco di buono». Rido di riflesso. Trecento sfaccendati solo lì. E se sono sfaccendati, con cosa pagano il conto? Sui poco di buono giudizio sospeso: non conosco quasi nessuno.
Un flusso incosciente devia in coscienza. Prende forma su ritagli di giornale. «Punito il pub fracassone». «Lamentele dei residenti». «Ordine del sindaco: chiusura alle 23». «Parcheggi selvaggi». Denunce. Scassature di minchia. Per i gestori, per i vicini, per i caramba, per i politici.
Provo a mettere tutto assieme: lì ci sono trecento rompicoglioni. Quello è l'inferno?
Qualcosa non va. Bisogna capire.
* * *
Mi documento. Esamino statistiche. Ne prendo una pubblicata dalla Provincia di Trento. Leggo. Nel 1999 i trentini (in tutta la Provincia) per teatro e musica hanno speso 4 miliardi e 310 milioni circa. Prendo nota. Faccio un paio di telefonate di confronto. Quella è la cifra che hanno incassato nello stesso anno quattro soli pub. Okay, posti alla moda. Ma in Trentino, tra bar e osterie, nel 1999 ce n'erano 3.479. Non conteggio discoteche, autogrill, night club...
Appunto un promemoria. Un'ipotesi di lavoro: i trentini spendono molto di più in pub e locali notturni che per la cultura: teatro, concerti, balletto, spettacoli.
Vado avanti. Alla cultura cosiddetta alta aggiungo anche quella più popolare (cinema e manifestazioni sportive). La spesa arriva a 13 miliardi e rotti di vecchie lire.
Cambio pagina. La statistica si disaggrega. Nello stesso anno i trentini hanno speso per ballare 8 miliardi e 334 milioni. Solo ingressi in discoteca. La statistica non conta tutto ciò che lì dentro viene consumato.
Sfoglio ancora, guardo qua e là: i numeri non contraddicono l'ipotesi. Potrei azzardare che ai trentini si possono togliere teatro e cinema, non pub e discoteche. Ma non lo dico: quei numeri non parlano di uomini. Quei numeri parlano di soldi. Allora annoto: la notte girano soldi a palate. Servono basi solide su cui lavorare: andiamo sul campo.
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Mori (TN). Xpoint café. Dà sulla strada statale. Adiacente: un campo da calcio. Niente case. Tutto all'aperto. Palme trapiantate e illuminate da faretti. Una tettoia di canne di bambù come ci sono in Messico. L'edificio dove sta il personale - quattro baristi - ha arredamenti minimi: tre spine per la birra, frigo e bancone superalcolici. Bianco, stile architettonico coloniale. Quattro musicisti suonano dal vivo su un palchetto. Dappertutto la scritta "BACARDI" e "Pampero, il rum più bevuto nei peggiori bar di Caracas". A notte fonda, verso l'una, ci sono duecento persone. E' giovedì.
Nella calca, arrivo a fatica al bancone. Ordino una birra in bottiglia: 3 euro e 50. Faccio la conversione in lire: grosso modo siamo sulle 7.000. Diavolo!
A controllare che tutto sia a posto ci sono due bestioni con un auricolare nell'orecchio. Buttafuori, si diceva una volta. Security-man, oggi. Quello che vuoi: se ti devono sbattere fuori, lo faranno loro.
Uno si chiama Francesco. Francesco è lì per arrotondare. Non è un lavoro vero. Anche se quando c'è da sloggiare qualcuno lo fa. Anche se 50 euro a sera se li mette in tasca.
Francesco lavora per un'agenzia di Trento che chiede 100 euro più iva per ogni buttafuori. Dice: «Cosa vuoi che siano i 50 euro che guadagno? Il fatto è che se non lavoro sono in giro a spendere. Allora mi sono detto: meglio che lo faccio per lavoro».
Poi attacca col copione: «La sicurezza è l'unico modo per avere un posto tranquillo, senza risse né gente che disturba i clienti. Per avere la bella gente».
La bella gente veste decente. La bella gente non rompe i coglioni ai clienti che non conosce. La bella gente si dà dei limiti di comportamento. La bella gente è quella che se ci fossero solo loro la security non servirebbe.
Perché sia efficace il servizio di sicurezza deve essere cospicuo. Congruo alle dimensioni. In un locale con mille persone un solo buttafuori è inutile, il gestore può risparmiare 100 euro.
Dice Francesco: «Più o meno servono due buttafuori ogni 150 persone. Allora riesci a tenere tutto sotto controllo: dal parcheggio, ai tavoli, al bancone. Lì vai tranquillo: risse non ne saltano fuori. Se uno rompe le balle lo porto fuori prima che la cosa degeneri. Se siamo in tanti controlliamo anche i cessi. E gente che spaccia non ne trovi».
Due conti. Un disco pub bello pieno scuce 200 euro più iva a sera. Solo per la sicurezza. Le discoteche sono più grandi e affollate. Si va su. E i prezzi al dettaglio devono andar dietro. All'Xpoint i buttafuori sono due. I baristi sette. Se non c'è musica dal vivo (che si paga), c'è anche un dj. Vedo uscire pizze: ci dev'essere chi le fa. Altri posti di lavoro. Altri costi.
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Seduto al banco c'è Franco. Franco è un imprenditore-operaio. Ha il pallino della musica rock e del cinema poliziesco italiano. Ci sono anche due suoi amici, Dani e Fede.
Tutti e tre bevono birra in bottiglia: 10,50 euro a giro.
Franco racconta del concerto di Nick Cave che ha visto giorni fa. Di come il cantante fumava. Della Bibbia che ha appoggiato sul pianoforte prima di iniziare il concerto. Dello smoking che indossava. Del fumo delle sigarette che con i fari del teatro creava un effetto magico.
«Birra».
Parla dei libri di Scerbanenco. Dice anche che ha appena letto Come una bestia feroce di Bunker ed è rimasto folgorato. «Scrive da dio. Racconta i dettagli di una rapina… Solo chi l'ha fatta può raccontarla così. Dev'essere un vero figlio di puttana». Ridono.
«Birra».
Spara cazzate. Vede uno coi sandali ed elogia le scarpe chiuse. Ricorda Drugo, il protagonista del film Il grande Lebowsky. Fede dice che non l'ha visto. Dani sì. Poi passa ad un altro, Paura e delirio a Las Vegas. Un'allucinazione di Terry Gilliam. Dice che Benicio del Toro è un grande e anche Johnny Depp è superlativo. «Chissà cos'avranno pensato le sue fan quando se lo sono viste sullo schermo pelato. Come me». Ride e si tocca la zucca. Ridono tutti.
Ora un cocktail: «White russian». Copia Drugo, quello del film.
Aggiunge ai suoi soci: «Quando entro in un locale, se non mi sanno fare un White russian come si deve, non ci metto più piede. E sarebbe meglio che lo facessero anche in fretta».
Ridono. Ma neanche tanto.
Guai aspettare troppo per un drink: baristi bravi e veloci. Se uno per fare un cocktail deve prendere in mano il manuale è out. Se uno lavora con gli occhi bassi, senza vedere i clienti, senza guardarli, senza cogliere al volo l'ordine, in quei posti ha i giorni contati. Roba per dopolavoro aziendale.
Se un barista guadagna normalmente suppergiù 1000 euro al mese, nei posti in cui si lavora con maree di persone le cifre lievitano fino a tre volte: servono baristi bravi, niente primo pelo.
Ma i baristi bravi e veloci ovviamente vogliono di più. E allora su i costi. E allora su i prezzi.
* * *
Sempre all'Xpoint di Mori incontro Tiziano Sessa, il capo. Capelli ingellati da ventenne. Ne ha trentuno: oltre all'Xpoint cafè, a Mori ha anche il Murphy's pub. Poi il Gasoline road bar di Nago. Incasso annuale complessivo: si viaggia sull’ordine dei miliardi (di lire). Occhiali tondi. Fuma una sigaretta. Sorride mentre parla. Gioca con un accendino. Ha un accento neutro, che arriva da Salerno quasi non si sente più. Dice che è da quando ha 14 anni che gira l'Europa per bar. Cameriere. Barista in Germania. Poi a Torbole. Infine cinque anni fa ha messo su il Murphy's pub. Poi gli altri due: Gasoline e Xpoint. Grana.
Non servono le domande. Sa quello che deve dire. Sa quello che vuole dire.
Per schiamazzi, gli hanno appena fatto chiudere un locale, il Gasoline a Nago. È in bestia col sindaco di Nago. È in bestia col capo dei vigili di Nago.
Lo lascio parlare.
Sul sindaco: «Prima mi dà la licenza, poi mi multa. Ha detto che dovrei avere la metà dei clienti, che quel locale è troppo vivace per Nago».
Sui vigili: «Erano lì tutte le notti per multare auto. Alle una di notte, i vigili: ti rendi conto?».
Sul provvedimento che ha subito: «Mi hanno imposto di chiudere alle 23. In un disco bar alle 23 inizia la serata».
Tira una boccata. Butta fuori il fumo subito. «Io faccio tutto quello che posso, ma se uno esce dal locale e parla forte, io cosa posso farci? Ho appeso cartelli dappertutto. Pago un buttafuori in più perché chieda di abbassare la voce fuori dal locale. Di più non so che fare…».
Guarda l'accendino. Quasi ci pensa su un attimo. «Vogliono farmi chiudere. Ma non ci riusciranno. Il Gasoline va. Nel Gasoline ci ho investito 400 milioni di lire». Visto il locale, non mi sembrano cazzate, sbruffonate da ciancione.
Dice: «La politica deve aiutare a risolvere i problemi. Non dovrebbe aumentarli».
Sputo per terra.
Gli cambio traiettoria. Chiedo dei dipendenti.
«Tra baristi, sicurezza, pulizie ho 28 persone tra dipendenti e collaboratori».
Sillogismo logico: tutta questa gente lavora per la notte. Qualcuno gode della notte. Barista sottende avventori. Avventori significano soldi.
Ordino un mojito.
Un barman butta nel bicchiere lo zucchero. Poi la menta. Spacca il ghiaccio con un ferro tenendolo nelle mani. Butta dentro. Non dico niente: vedo che fa così con tutti. Ne prepara tre o quattro contemporaneamente. Tira per aria una bottiglia. La riprende al volo. Versa il rum nel bicchiere. Mischia. Me ne allunga uno.
«Sono cinque euro e 20» dice. Diecimila lire. Anzi, qualcosa di più.
Penso: neanche questi sono cazzate. Sottolineo quell'appunto: la notte girano soldi a palate.
1.CONTINUA
Maurilio Barozzi
L’ARTICOLO
Pubblicato a pagina 36 sul quotidiano l’Adige del 3 gennaio 2003 con il titolo “Musica e birra, vita da pub”.
E’ il primo di una serie di quattro reportage che indagavano il mondo della notte nei primi anni Duemila.