Maurilio Barozzi
Giro d'Italia ucciso da Nibali - Maurilio Barozzi
venerdì 24 maggio 2013
MORI (TN) – Un vecchio amico di mio padre, un baro inveterato, mi diceva che non avrebbe mai scommesso su Vincenzo Nibali vincitore nella cronoscalata ciclistica Mori-Polsa. Un buon uomo, d’accordo, ma anche da questa sua profezia si può capire che i soldi che ha fatto li ha fatti più per le sue doti di truffatore che quelle di connaisseur.
Infatti. Vincenzo Nibali ha fatto un numero totale. Fuori dalla sua paventata, inclita, reputata prerogativa ieri è salito da Mori in Polsa come un missile a una velocità che non vorrei nemmeno ricordare (per la cronaca 44’ 29’’). Ha vinto la cronoscalata. Ha rifilato quasi un minuto (58’’) a Samu Sanchez che è arrivato secondo. Ha stordito Cadel Evans, il suo unico presunto antagonista, lasciandolo a due minuti e trentasei secondi di distacco ( meglio scrivere in lettere lo scarto, onde evitare misunderstanding). Ha pugnalato al cuore il Giro d’Italia.
In una Mori travestita di rosa, con tutto il paese che stava ad aspettare l’evento in gloria, Vincenzo è partito forte ed è arrivato fortissimo, secondo la vecchia tradizione che produce massime ma che non garantisce gambe. Lui, Nibali, già vincitore del Giro del Trentino il mese scorso, ha dimostrato che chi vuole vincere vince. Lo aveva fatto Pantani, ai suoi tempi. Lo sta facendo lui, Vincenzo, con la differenza della semplicità. Pantani era un dio in bicicletta. Scattava. Buttava la bandana. Annunciava l’omicidio degli avversari. Li aggrediva in salita minando le loro difese e santificando il loro avvilimento.
Nibali è un lord. Non uccide nessuno. Non stermina gli avversari. Non tiranneggia i comprimari. Si muove lieve, sulla strada. Vola. Vince. Sconfigge. Ma con la levità che mai infastidisce. Arrivare secondo dietro a lui sembra neanche un secondo posto. Lui pare un celestiale corridore che – pintato in rosa – procede su un binario già tracciato dal destino. Va. Doveva esserci Bradley Wiggins a vincere il Giro d’Italia – era venuto apposta. E’ morto e stecchito sulle discese del centro Italia. Doveva esserci Cadel Evans a rovinargli la festa carnicina. Lo ha lasciato a bagnomaria in tutte le tappe. Lo ha salassato nelle tappe corte, in quelle lunghe, in quelle in salita e in quelle in pianura. Non gli ha mai permesso di attaccarlo e, anzi, ogni tanto gli ha saggiato il garretto trovando sempre carne molle, rispetto alla sua. Però nessuno pensava che ieri, in Polsa, Nibali potesse trovare coraggio energia e ardimento di vincere per distacco una gara che non pareva adeguata ai suoi mezzi di scalatore-calcolatore. Invece ha fatto così: è partito dal velodromo di Mori. Ha innestato subito la marcia alta. E’ transitato davanti alla borgata moriana che lo acclamava fedele alla linea rosa con la tracotanza di chi conosce il proprio obiettivo e poi, protervo, canaglia, killer, è salito verso la Polsa a quasi trenta all’ora, fregandosene del volto spergiurante di Sanchez che implorava la pietà di una tappa che lui pensava essere sua. Forse per diritto, o forse per per la pietà dovuta agli audaci che ci provano. Niente da fare. Nibali, partito per ultimo, ha grattato via la morchia della fede e proponendo il viso mite della boa sorte si è messo a macinare pedalate violente e acide. Devastanti per i suoi avversari. Alla linea del traguardo ha fatto segnare un tempo record. Ed ha calpestato qualsiasi speranza di togliergli quel vessillo rosa che oggi, come ieri e come da molti giorni, indossa con la semplicità di un ragazzo agli esami di terza media. Ma con la determinazione del più spietato assassino.
Nibali in Polsa ha vinto il Giro d’Italia, questo è fuori discussione. Il taglio dal percorso delle vette che avrebbero dovuto arrivare nei prossimi giorni (Stelvio e Gavia adieu) non inducano a pensare che siano per lui un vantaggio. Anzi! A giudicare dalla sua forma fisica e dalla sua pervicacia sportiva semmai può essere solo un vantaggio per chi sta dietro: il distacco finale sarà meno importante.
Oggi, appunto, si sale in Val Martello. Ci sarà neve, forse. Ma nulla potrà incrinare quella splendida consapevolezza che Nibali – ‘terrone’ con faccia semplice, capelli corti, occhi scuri – ha ormai tatuato sul novantaseiesmo Giro d’Italia.
maurilio barozzi
in l’Adige 24 maggio 2013
L’ARTICOLO
Pubblicato sul Quotidiano l’Adige venerdì 24 maggio 2013 con il titolo “Killer Nibali”
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